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Percorso dei Mulini

Nella Città di Eboli, ancora oggi sono visibili molte strutture adibite a mulino, anche se in gran parte abbandonate e trasformate. L’antichissima ed essenziale pratica molitoria, nell’arco di oltre un millennio aveva consolidato sul territorio abitudini, tracciato percorsi e favorito il sorgere di strutture produttive in corrispondenza delle sorgenti e dei corsi d’acqua più copiosi lungo il corso d’acqua perenne chiamato Ermice nella parte iniziale, Tufara nel corso intermedio che lambisce il Centro Storico e Telegro nel corso che poi s’immette nel fiume Sele.

 
Il Percorso dei Mulini inizia proprio in corrispondenza dell’acquedotto dell’Acero, detto dell’Ermice a pochi metri dalla Basilica di San Pietro alli Marmi. Solo inizialmente carrabile, diventa un piccolo sentiero transitabile solo a piedi. Percorrendo il primo tratto, rettilineo e pianeggiante, ci si trova di fronte al "Mulino di Zì Matteo" e dopo pochi metri si oltrepassa il serbatoio di raccolta delle captate sorgenti dell’Ermice e si arriva ad un primo punto di osservazione panoramico. Poco più avanti, verso nord, si può cogliere una gola di verde che s’inerpica fino ai lontani contrafforti del Monte Sant’Ermo (detto anche Sant’Eremo o Sant’Elmo), limite meridionale dei monti Picentini. Superando un tratto che dà su uno strapiombo si arriva al ponticello "storico" sull'Ermice e scendendo a destra, s’incontra subito una piccola scaletta, ricavata in parte nella roccia, che porta a una piccola fontanella che reca la data della sistemazione in muratura avvenuta alla fine dell’800. Si alimenta con le acque di una sorgente che sgorga all’altezza della scenografica cascatella in più salti, detta “u butt ru cianciuso”.

Proseguendo comincia un tratto di un antico acquedotto, di cui rimangono solo alcuni piloni coperti in parte da vegetazione; superato il ponticello, proseguiamo verso nord dove, alcuni metri più avanti, ci s’imbatte di lì a poco in una solida struttura ad arco che taglia trasversalmente il corso dell’Ermice. Proseguendo oltre, s’incontrano nel fondo del ruscello le caratteristiche polle d’acqua, denominati "quatt' laghetti", da sempre meta preferita per precoci bagni primaverili. A poca distanza s’intravede la mole del primo mulino con opere murarie ancora perfettamente leggibili. Il portale di accesso in arco ribassato e l’arcone interno in conci di pietra ancora perfettamente integri indicano una realizzazione da parte di maestranze addestrate e un progetto studiato e definito da tecnici competenti. Proseguendo per uno stretto si arriva alle sorgenti dell’Ermice ove si può ammirare la cosiddetta "Buatta", una pozza d’acqua relativamente profonda. Seguendo il letto del torrente, che più avanti si ramifica e si dissecca, si può arrivare fino al pianoro di Turmine o ai piedi della collina di Madonna del Carmine, ai confini del bosco di San Donato.

Seguendo la canalizzazione dell’acqua che attraversa il mulino, si arriva all’antico acquedotto medievale che con i suoi poderosi arconi caratterizza il paesaggio alle spalle del castello. Al termine degli archi vi era una costruzione che inequivocabilmente ci riporta ai mulini (IV mulino) per la presenza del caratteristico salto d’acqua e per i riscontri che è facile fare sulle tracce lasciate dalle strutture murarie crollate. Seguendo le canalizzazioni, si perviene al solito salto che dà su frammenti di una struttura murare che, significativamente, è indicata come "'U Mulino carut’”.

In passato, l’acqua, oltre ad essere utilizzata per i mulini, serviva anche per scopi irrigui, per il lavaggio biancheria e, nel centro urbano, anche per piccole esigenze artigianali e produttive. Difatti, lungo il percorso, a ridosso della strada detta della "Portella" (piccola porta che dava nel Centro Antico), vi è la caratteristica struttura di un lavatoio, che è stato attivo fino agli anni Sessanta.

Siamo oramai a ridosso Del Centro Antico, le canalizzazioni ci portano diritto al palazzo della famiglia Morrone ubicato fra il vallone Tufara (nome dell’Ermice quando lambisce il Centro Storico). Continuando il percorso, nel Centro Antico altri mulini erano collocati non appena si realizzava un salto utile: a Vico Torretta altre due strutture sfalsate fra loro, utilizzavano la stessa acqua, sia per sfarinare cereali sia per macinare olive e produrre olio. Macine usate come porta vasi fanno ancora bella mostra a margine del vallone a indicare la dimessa funzione di un tempo che fu.

A oltre mezzo chilometro dalla città antica, sempre a ridosso del corso dell’Ermice -Tufara, a valle della Strada Statale 19, poco prima della ferrovia, una struttura detta significativamente "Molinello" denota chiaramente l'antica funzione e conferisce il nome ad un intero rione cittadino, edificato negli anni Sessanta. L'edificio principale, terminante con una caratteristica torretta piccionaia, conserva ancora l'impianto originario, con gli ambienti a piano terra sorretti dalle caratteristiche arcate in muratura, tipiche degli opifici industriali e artigianali, che necessitavano d'ampi spazi per macchinari, stoccaggio di materie prime e processi di lavorazione. Quest'ultima struttura chiude il percorso dei mulini sul corso dell'Ermice.

Percorso dell'Acropoli

Il Percorso dell'Acropoli interessa un'area di 17 ettari ed inizia in corrispondenza del serbatoio dell'Ermice, un luogo che nella memoria degli Ebolitani è da sempre configurato come il punto di approvvigionamento idrico per eccellenza per la purezza delle acque più volte decantate dai poeti locali. La lunghezza complessiva del sentiero è di 1190 metri e ricade in un'area ai confini col Parco regionale dei Monti Picentini e prende il nome dall'Acropoli di Eboli, in località Montedoro, che si estende a Nord-Ovest della Città moderna. Addossata ai monti più elevati, questa collina costituisce l'ultimo elemento di un massiccio montuoso che domina l'ampia valle del fiume Sele. Le prime testimonianze di rinvenimenti antichi sulla collina di Montedoro risalgono all'Età del Bronzo, ove vennero individuate, oltre l'acropoli cinta da mura, le aree sepolcrali ed il rilevamento del fondo di una capanna. Dai dati si ricava che la collina del Montedoro rappresenta il luogo originario dell'insediamento umano sul territorio e comunque il polo principale di aggregazione del sito abitativo, posto a 600 metri a nord dell’abitato medievale, che forma l’odierno centro antico, rivestendone verosimilmente almeno fino all'Età Ellenistica le funzioni di centro religioso e politico.

 

Percorso di San Donato

Il Percorso insiste sulla collina di San Donato, sulla catena dei Monti Picentini, ed è inserito nel Parco comunale omonimo, che si estende per circa 25 ettari nel territorio del Comune di Eboli. Il sentiero attraversa la collina che è in parte ricoperta da un bosco di latifoglie (roverello, cerro, frassino e acero) e in parte da prati arbustivi (ginestra, biancospino, lentisco, ecc.). Lungo il percorso è presente un'antica fontana ed un antico acquedotto. Inoltre il percorso è contiguo all'antica chiesetta di San Donato e poco distante è presente la pineta attrezzata ad area pic-nic, con tavoli e panche di legno.

 

Sentiero Lago La Torretta

Il sentiero si sviluppa lungo le rive del Lago La Torretta, all'interno dell' Oasi Vivinatura Sele-Torretta e circoscrive il lago, potendo percorrerlo sia a piedi che a cavallo. Il sentiero è dotato di piazzole attrezzate e di cartelloni didattici che informano i visitatori delle tipologie forestali presenti nell'oasi, come la macchia mediterranea, la foresta ripariale, il bosco misto di latifoglie e delle tante varie specie protette di animali che la popolano, come volpi, lontre ed uccelli acquatici, in particolare aironi cinerini e guardabuoi (ibis), germani, fologhe, cormorani, marzaiole.

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