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Autore: Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio (Milano 1571 – Porto Ercole 1610)
Soggetto: Sant'Orsola confitta dal Tiranno (Martirio di Sant'Orsola) (aprile-maggio1610)
Tecnica e materiali: dipinto a olio su tela
Dimensioni: 143 x 180 cm.
Collocazione originaria: D. Michel Angelo da Caravagio. 1616 + M.A.D.” [scritta postuma di appartenenza a Marc'Antonio Doria, sul retro dell'opera]
Collocazione attuale: Napoli, Collezione Banca Intesa.

Quasi certamente si tratta dell'ultimo dipinto di Caravaggio. La scena si svolge in un luogo indistinto e in profonda penombra. Sant'Orsola è stata appena trafitta dalla freccia del suo aguzzino. China il capo e porta le mani al petto violato. Alle spalle della Santa vi è il volto illuminato di un uomo, cerca di capire cosa è successo: èl'ultimo autoritratto di Caravaggio. Anch'egli assiste all'evento. Unità di tempo e di luogo, azione improvvisa e violenta. Fotogramma della morte. Nel dipinto si avverte una chiara remissività della Santa al proprio destino, al fato ineluttabile. Sul volto di Sant'Orsola vi è sorpresa, quasi senza dolore,eppure è stata appena colpita dal re degli Unni che la voleva in sposa. Il re aveva fatto uccidere le compagne di Orsola e si era inutilmente invaghito di lei.

Si tratta senz'ombra di dubbio dell'opera più documentata e certa di Michelangelo Merisi da Caravaggio. Il dipinto di Caravaggio “Sant'Orsola confitta dal tiranno”,meglio noto oggi con il titolo di “Martirio di Sant'Orsola”, dopo il restauro ha rivelato una novità assolutamente impensabile. La pulitura ha messo in evidenza la presenza di una mano che sembra spuntare dal nulla, al centro del quadro, tra la Santa e il tiranno, quasi volesse fermare la violenza della freccia che ha già penetrato il seno di Sant'Orsola. E' un particolare importante e rivela, forse, il senso del destino ineluttabile, il fato a cui non si può sfuggire. La mano non fa in tempo a deviare il dardo che trafigge il corpo della Santa, che guarda attonita e meravigliata lo strumento del proprio martirio. Non vi è dolore, ma senso di stupore e smarrimento. Questa è l'opera estrema del grande pittore “maledetto”, del “dannato Michelangelo”, in giro per l'Italia senza pace, alla ricerca di una dimora che potesse ospitarlo di ritorno da Malta, attraverso la Sicilia, fino a Napoli. E' a Napoli che il Merisi nella primavera del 1610, qualche mese prima della morte, dipinse il “Martirio di Sant'Orsola” per il principe genovese Marcantonio Doria. Il soggetto del dipinto del Caravaggio, “Martirio di Sant'Orsola”, fu voluto dal committente, Marcantonio Doria, in onore della sua figliastra Anna Grimaldi, figlia di Isabella della Tolfa che in prime nozze aveva sposato Agostino Grimaldi, principe di Salerno. Anna pronunciò i voti monacali nel monastero napoletano di Sant'Andrea delle Dame. Isabella della Tolfa dopo la morte di Agostino sposò appunto il principe genovese Marcantonio Doria, che voleva molto bene alla figliastra Suor Orsola.L'opera fu spedita per nave a Genova il 27 maggio 1610. Risulta essere documentata a Genova il 15 maggio 1620. Dopo la morte di Marcantonio Doria l'opera passò al figlio Nicolò Doria, principe di Angri e duca di Eboli, in seguito al lascito testamentario (Archivio Doria Angri, Parte I, busta 222, ff.132 e 133r. testamento redatto dal notaio Battista Borrone). In tale epoca compare sul quadro la scritta M.A.D. la cui lettera “A” risulta sormontata da una croce funebre: significa Marc'Antonio Doria e una data: 1616. Nel XVIII secolo l'opera pervenne a Roma a Giovanni Francesco Doria e a Giuseppe Maria Doria. Il testamento di Giuseppe Maria Doria fu dettato a Roma il 5 luglio 1814 e aperto alla sua morte il 9 marzo 1816 (Archivio Doria Angri, Parte I, busta 309). Il dipinto per diritto ereditario passò a Giovanni Carlo Doria principe di Eboli, ma esso non poté pervenire a Giovanni Carlo poiché per legato testamentario doveva rimanere a Maria Doria Cattaneo, fino alla morte di costei, per ornare la sua casa. Nel 1854 il dipinto del Caravaggio documentato nell'inventario dei beni di Giovanni Carlo Doria nel Palazzo napoletano dei Doria d'Angri, allo Spirito Santo. Successivamente, il “Martirio di Sant'Orsola” fu trasferito nella villa di campagna dei Doria d'Angri nei pressi di Eboli, dove rimase fino al 1972, dove ornava la parete di sinistra del salotto al secondo piano della villa, in località Buccoli, più nota come “Fontana del Fico”, tra Eboli e Battipaglia.La villa fu poi venduta dai Doria d'Angri, dopo la seconda guerra mondiale, con tutti gli arredi all'ambasciatore Furio Romano Avezzano e alla moglie donna Felicita La Francesca. Quindi il dipinto passò nelle mani di questi nuovi proprietari, ma fu poi portato a Napoli dalla baronessa Felicita Romano Avezzano che nel 1973 lo vendette per pochi milioni di lire alla Banca Commerciale Italiana, ora Banca Intesa, che ne è l'attuale proprietaria. Anche la villa che aveva ospitato il capolavoro di Caravaggio fu poi venduta dalla baronessa Romano Avezzano. La ex villa Doria d'Angri e poi Romano-Avezzano è divenuta un agriturismo chiamato “Casa della Baronessa”, in ricordo di N.D. Felicita La Francesca Romano Avezzano. Il dipinto è conservato a Napoli nella Collezione d'Arte della Banca Intesa.Nel 1963 alla mostra napoletana “Caravaggio e caravaggeschi” lo storico dell'arte Giuseppe Scavizzi attribuisce il quadro a Mattia Preti, ma non ne identificò il soggetto che passò come un imprecisato “Soggetto Allegorico”. La prima attribuzione corretta fu di Ferdinando Bologna, seguito da Mina Gregori nel 1974-1975, con il titolo di “Martirio di una Santa” o “Scena di martirio”, senza l'ovvia precisazione puntuale del soggetto, che allora era sconosciuto. Nel 1980 Vincenzo Pacelli trova a Napoli, nell'Archivio Doria D'Angri, i documenti che restituiscono l'identità iconografica al tema del “Martirio di Sant'Orsola”: sono l'inoppugnabile e certaprova della paternità del dipinto a Michelangelo Merisi da Caravaggio.
testo di Gerardo Pecci

Autore
Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. Pittore. Nacque a Milano nel 1571 e morì, forse a Porto Ercole e in circostanze ancora non ben chiarite, nel 1610. Si formò a Milano presso il Peterzano poi venne a Roma e il suo successo fu grandissimo. Nel volgere di pochi anni cardinali influenti e uomini potenti si interessarono alla sua pittura straordinaria. Egli segna un punto fermo nella storia dell’arte e una svolta straordinaria, il cui successo oggi lo ha fatto quasi diventare un mito. Suoi capolavori, ad esempio, sono nelle chiese romane di S. Luigi dei Francesi, S. Maria del Popolo, S. Agostino, ecc. Gli ultimi anni, dal 1606 al 1610, sono quelli più agitati e ricchi di conseguenze sul piano umano e pittorico. Dopo un omicidio da lui commesso a Roma, fu costretto a scappare e si rifugiò a Napoli, in Sicilia, fino a Malta. Poi da Malta ritornò in Italia, dove morì nel luglio del 1610.I suoi grandi capolavori sono universalmente riconosciuti come patrimonio mondiale dell’umanità.

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